Diabete di tipo 2 diagnosticato con screening: effetto della terapia multifattoriale intensiva precoce sugli esiti cardiovascolari a 5 anni


Il trattamento intensivo dei fattori di rischio cardiovascolare multipli può dimezzare la mortalità tra le persone con diabete mellito di tipo 2.

Uno studio ha valutato l’effetto del trattamento multifattoriale precoce dopo la diagnosi mediante screening.

In uno studio a gruppi paralleli, condotto in Danimarca,Olanda e Regno Unito, 343 Centri di medicina generale sono stati assegnati in maniera casuale a screening dei pazienti registrati di età compresa tra 40 e 69 anni senza diabete seguito da trattamento di routine del diabete oppure screening seguito da trattamento intensivo di fattori di rischio multipli.

L’endpoint primario era il primo evento cardiovascolare, inclusa la mortalità e la morbilità cardiovascolare, rivascolarizzazione e amputazione non traumatica entro 5 anni.

I pazienti e il personale non erano a conoscenza del gruppo di assegnazione e le analisi sono state condotte mediante intention-to-treat.

Dati relativi all’endpoint primario sono risultati disponibili per 3.055 ( 99.9% ) dei 3.057 pazienti identificati con lo screening.

L’età media era di 60.3 anni e la durata media del periodo osservazionale è stata di 5.3 anni.

I miglioramenti nei fattori di rischio cardiovascolare ( concentrazioni di HbA1c, colesterolo e pressione sanguigna ) sono risultati lievemente ma significativamente migliori nel gruppo trattamento intensivo.

L’incidenza di primo evento cardiovascolare è stata pari a 7.2% ( 13.5 per 1000 persone-anno ) nel gruppo trattamento intensivo e 8.5% ( 15.9 per 1000 persone-anno ) nel gruppo trattamento di routine ( hazard ratio, HR=0.83 ) e quella di mortalità per tutte le cause è stata pari a 6.2% ( 11.6 per 1000 persone-anno ) e 6.7% ( 12.5 per 1000 persone-anno ), rispettivamente.

In conclusione, un intervento per promuovere la gestione intensiva e precoce dei pazienti con diabete mellito di tipo 2 è risultato associato a una piccola e non significativa riduzione nell’incidenza di eventi cardiovascolari e di decesso. ( Xagena_2011 )

Griffin SJ et al, Lancet 2011; 378: 156-167



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